30/06/2019

Una nuova alba

Una nuova alba

A tutti sicuramente è capitato, durante le prime luci del mattino, di percepire il sentore e le sensazioni che l’alba sprigiona, in quanto inizio di un nuovo giorno, coronato da speranze e aspettative. Questo concetto il salmista Davide lo ha ben espresso nei suoi inni, “destati, o gloria mia, destatevi, saltéro e cetra, io voglio risvegliare l’alba” (Salmo 57:8).

A volte però, l’inizio di una nascente fase può rivelarsi causa di forti ansie, sollecitudini dovute alle incognite di un futuro non ben delineato, che potrebbe riservare incertezze alle nostre vite, o un’imprevedibilità di situazioni: un insieme di turbamenti dovuti a un mancato controllo sugli eventi. E ciò che è nuovo, generalmente, è fonte di inquietudine. Ciclicamente, prima di ogni aurora è dovuta passare una notte, buia soprattutto nei momenti che precedono il sorgere del sole. L’oscurità però non è mai riuscita a fermare l’alba, un’alba di gloria che il Signore ha promesso a coloro che lo amano, fissando un termine ai momenti difficili che spesso vogliono abbattere l’individuo.

In quanto umani però tendiamo a valutare tutte le contrarietà come ostacoli insormontabili, dunque in mezzo a tali situazioni la soluzione più spesso adottata è  chiedere a Dio la fine di ogni inconveniente, grave o meno che sia. Ma un quesito importante da porsi è il seguente: sappiamo veramente di cosa ha bisogno la nostra esistenza o approcciamo superficialmente alla preghiera come a un almanacco di frasi fatte delle quali, noi per primi, sembriamo non esserne poi tanto convinti? E se la preghiera fosse una lotta dell’anima, piuttosto che una semplice richiesta o un elenco di bisogni? E’ possibile inoltre che questa potrebbe verificarsi nei momenti più bui della nostra esistenza, ovvero nelle nostre “notti”?

Si prenda per spunto la vicenda di Giacobbe e della lotta che ebbe con l’angelo a Peniel la sera prima di rincontrarsi faccia a faccia con Esaù, descritta in Genesi 32:24-26. Giacobbe aveva paura. Un terrore mortale, esposto al Signore (Genesi 32:11), al Dio di suo padre, lo colse nel bel mezzo della notte, tant’è che cominciò a chiedere protezione dall’eventuale vendetta del fratello beffato dalle sue astuzie; tuttavia, nonostante stesse pregando in questa direzione, Giacobbe preparò un escamotage più semplice, più rapido: ingraziarsi il fratello con doni di una certa rilevanza e solo dopo, una volta calmato il suo l’impeto, presentarsi davanti a lui.

Ma il Signore era d’altro avviso…

Egli fece in modo che Giacobbe rimase solo per lottare con lui tutta notte (Genesi 32:24), fiaccandogli infine il nervo dell’anca una volta constatata l’ “impossibilità” a vincerlo. Questa apparente difficoltà del Signore nel prevalere sul patriarca era dovuta al fatto che l’uomo possedeva una forte natura carnale, impossibile da sottomettere alla Sua volontà (Romani 8:7); Giacobbe stava continuando a rifiutare di riconoscere il proprio torto nei confronti del gemello, così Dio fu costretto a “toccargli” un nervo scoperto, un punto sensibile, chiedendogli “qual è il tuo nome?” (Genesi 32:27), appellativo che, nel suo caso, ne indicava le caratteristiche comportamentali (Giacobbe significava infatti “imbroglione”). L’Angelo del Signore, vista l’energica resistenza dell’uomo, fece come per andarsene, dichiarando ormai che l’alba era alle porte (Genesi 32:26); ma quest’aurora, che Giacobbe faticava a realizzare, segnò la fine del suo fuggire, il compimento di una disperata e strenua preghiera che lo cambiò per sempre, facendogli realizzare che solo la benedizione del suo Dio avrebbe potuto arricchirlo, quest’ultima ottenuta al seguito di uno scontro violento quanto autentico.

Il Signore mutò l’atteggiamento del futuro Israele trasformandolo da scaltro e orgoglioso a mite e fiducioso: la fine della vicenda, la riconciliazione tra i due, è stata la prova che la remunerazione di Dio interviene con puntualità e abbondanza verso quelli che ripongono la propria fiducia in Lui.

L’alba rappresenta, per ognuno di noi, la fine delle lotte, fine non intesa come l’assoluta cessazione delle difficoltà e problemi, ma una resurrezione, una nuova vita, come avvenuto per Gesù (Matteo 28:1-6), un passaggio da uno stadio (la notte) a un altro; l’inizio di un nuovo giorno e un nuovo cammino, nelle Sue benedizioni, nella Sua pace e perché no – come scritto in Ecclesiaste 3 – in un tempo di ristoro stabilito: al riparo dalle tempeste della vita.