18/10/2020

Rientrare in se stessi

Rientrare in se stessi

Non sempre siamo consapevoli di cosa sia peccato e sgradito a Dio; quindi capita di sentirsi al sicuro in una giustizia farisaica che ci porta a confrontarci con il prossimo, forse perché più comodo (Luca 18:9-14). L’atteggiamento altrui è facilmente più deprecabile del nostro, ma questa non è la volontà del Padre. Dio vuole che chi cade venga rialzato, non che si stili una personale classifica di gravità peccaminose, per la quale le deviazioni degli altri (guarda caso) sono sempre peggiori delle nostre.

Il peggiore sbaglio è l’incredulità, ciò che disallinea totalmente dal proposito che Dio ha per noi. Deviare è facile, per tutti. Rientrare in sé richiede maggiore impegno.

Il figlio minore, nella parabola del figliol prodigo (Luca 15:17), curvò mano mano il suo animo, prima nelle intenzioni, poi in azioni più autodistruttive. Si comincia sempre con ciò che non viene immediatamente percepito come un grossolano scivolone.

Anche Davide sperimentò questa progressiva discesa; prima del suo adulterio e omicidio, il re si trovava dove non doveva trovarsi in quel preciso momento: a oziare in terrazza. Poi le menzogne, i sotterfugi, infine la complicità nella morte di qualcuno per lui scomodo (II Samuele 12:5-7). Il torpore spirituale è sempre l’anticamera di qualcosa peggiore. Sarà solo l’intervento di un profeta che Davide acquisirà consapevolezza delle sue azioni.

Prestiamo attenzione alle nostre piccole curvature, e restiamo uniti a Dio.