03/05/2020

Il valore della santità

Il valore della santità

C’è molta confusione sul concetto di santità nell’opinione comune; a volte anche il popolo di Dio pare non mostrare piena comprensione in merito. Santità non è fanatismo, ascetismo, rinuncia; non è attribuibile da concili o decisioni umane. Santità non è perfezione, non è apparenza ma purezza di cuore e di Spirito, e la conseguente separazione da tutto ciò che danneggia il nostro essere e il nostro rapporto con Dio. Non c’è uomo sulla faccia della terra che non pecchi (I Re 8:46), e nessuno può ergersi a giudice del suo prossimo (Giovanni 8:7), quindi la santità non è una patina di imperturbabile distacco.

C’è un doppio e consecutivo esempio nella Parola di Dio relativo al principio della santificazione: Ezechia e Manasse, padre e figlio, entrambi re di Giuda, nazione scostante davanti al Signore, sempre in oscillazione tra idolatria e ravvedimento. Ezechia comanda ai leviti di santificarsi e portare fuori dal tempio ogni immondizia e divinità straniera (II Cronache 29:5); egli era un re giusto e ubbidiente a Dio.

Di contro, suo figlio Manasse si dimostra empio oltremodo, sacrifica i suoi figli e riempie il regno di idoli, violenza e magia (II Cronache 33:6-15); tuttavia, quando i nemici lo mettono alle strette si umilia, e Dio si arrende alla sua preghiera. Una volta ristabilito, Manasse getta ogni impurità non più solo fuori dal tempio, come suo padre, ma fuori dalla città. Il dolore rese il suo cuore più sensibile contro tutto ciò che il Signore stabiliva essere impuro e non santo.

L’insegnamento che queste vicende vogliono darci è di non far albergare in cuore nessun residuo di idolatria, peccato o alti luoghi, quelle impurità forse meno evidenti ma ugualmente tossiche, di rimuovere totalmente tali realtà dalle nostre vite, per fa sì che la benedizione e l’amore di Dio scendano completamente su delle vite nuove e sante.