19/05/2019

Il fuoco di Dio scende solo sull’altare

Il fuoco di Dio scende solo sull’altare

In 1 Re 18:20-40 leggiamo di Elia sul monte Carmelo. Il popolo di Israele versava in uno stato di grande confusione: idolatria diffusa, moralità in decadenza e i profeti di Baal che facevano sviare il popolo.

Al verso 21 Elia dice al popolo: “se il Signore è Dio, seguitelo; se invece lo è Baal, seguite lui”. Il popolo rimase in silenzio, non sapendo cosa rispondere, e questo la dice lunga sulla loro condizione: Israele, che doveva essere l’emblema di Dio sulla terra, non sa chi tra Baal e il Signore è reale. C’è una vera e propria agonia spirituale. Allora Elia sfida i sacerdoti di Baal ed il popolo condivide questa prova, che dovrebbe servire a verificare quale sia il vero Dio. Sappiamo che i sacerdoti di Baal non ottennero nulla, nonostante tutti i loro sforzi, ma Elia ottiene fuoco dal cielo. Ma come riesce Elia ad essere ascoltato ed esaudito da Dio in modo così glorioso e inequivocabile?

Nei versi da 36 a 39 vediamo il differente approccio tra chi ha una vera relazione col suo Dio e chi invece vive di rituali. Elia è lineare e pacato: non urla, non si agita e non si scompone; semplicemente prega e la volontà di Dio si adempie. Si verifica un vero e proprio risveglio del popolo che finalmente sa riconoscere chi è il vero Dio e chi mente. Il fuoco centra in pieno l’altare, simbolo dell’approvazione da parte di Dio nei confronti di Elia, che si è dedicato a restaurarlo e ad offrire un sacrificio su di esso. Il gesto di Elia ha a che fare con la quotidianità delle nostre vite: non fa nulla di straordinario e non realizza un’opera colossale; semplicemente restaura una piattaforma fatta da dodici pietre. Ma ciò che conta agli occhi di Dio è il fatto che Elia si dispone alla realizzazione delle condizioni necessarie affinché possa scendere il fuoco di Dio. A volte abbiamo così tanti impegni e sollecitudini che trascuriamo il nostro altare, fatto di tempo consacrato alla preghiera e alla comunione con Dio. In tali circostanze può sembrare una grave perdita dedicare del tempo per il Signore ma Egli non impoverisce nessuno, piuttosto arricchisce. Se offriamo le primizie a Dio, ci sarà il Suo tocco sulla nostra giornata. Così il tempo a disposizione si moltiplicherà, ogni cosa riuscirà e vedremo la Sua benedizione in tutto ciò che dobbiamo fare.

In 1 Cronache 21:26 leggiamo che anche il re Davide costruì un altare a Dio, ed il fuoco discese. Dobbiamo ricordarci che il fuoco di Dio non scende dove ci sono particolari talenti, grandi qualità o dove ci sono forti urla rivolte a Lui. Il fuoco scende dove c’è una vita consacrata. Spesso siamo tentati a salire su di un piedistallo, ma il Signore ci chiama a salire e a restare sull’altare dei sacrifici.

Ancora leggiamo di Elia che, dopo aver restaurato l’altare, iniziò a raccogliere la legna. Ogni azione che quest’uomo compie ha come obbiettivo la realizzazione di quell’offerta. Tutti sappiamo quanto è importante avere una relazione col nostro Salvatore e sappiamo anche quanto è importante alimentarla con un tempo quotidiano di preghiera e meditazione della Parola. Spetta ad ognuno di noi prendere delle decisioni, più o meno forti e determinate affinché questa relazione sia viva, fruttifera e in salute. Elia restaura, raccoglie la legna e fa tutto ciò che occorre per arrivare ad ottenere il fuoco sull’altare. Ogni azione che compie ha quel fine e la compie senza se e senza ma, senza voltarsi, senza fermarsi e senza preoccuparsi di cosa accadrà dopo.

In Malachia 1: 8-10 troviamo un rimprovero nei confronti di un certo modo di offrire l’olocausto. Dio invita il popolo a guardare alla qualità di ciò che gli offrivano e riguardo questo aspetto anche noi spesso ci sentiamo molto mancanti. Molto facilmente ciò che il Signore ci chiama a fare scivola nel fondo delle nostre priorità e finiamo per offrire sull’altare gli avanzi della giornata. Poi il Signore ce lo fa notare e noi confessiamo, ma nulla cambia, perché giustifichiamo noi stessi pensando che anche le azioni ordinarie della giornata sono importanti e, in qualche modo, strumentali alla Sua volontà. Non capiamo che così facendo danneggiamo la nostra stessa vita. Se Dio ci chiama ad offrirgli le primizie è per il nostro bene e non certo perché Lui ne ha bisogno. Cosa può portarci ad offrire il meglio con costanza? Un amore forte, ardente e acceso nei confronti del nostro Signore Gesù.

In Atti 2:2-4 si parla di un altro altare: l’alto solaio, dove scese il fuoco dello Spirito Santo. Questi fratelli avevano messo le loro vite sopra l’altare dei sacrifici e quando questo avviene, puntualmente il fuoco di Dio scende. Senza realizzare l’importanza di un’arresa completa, non vedremo il fuoco scendere su noi. Il Signore benedirà comunque, ma non vivremo la pienezza di Spirito Santo di cui abbiamo un estremo bisogno.

Romani 12:1 si parla del culto che Dio ama. Ognuno di noi ha un’idea su quale sia il culto ideale e su come andrebbe onorato il Signore durante un culto. Ma Paolo dà la definizione esatta di quale sia il culto che Dio approva. Non si tratta di un gradimento legato ad un particolare conduttore, predicatore, o rituale, bensì all’atto di presentare i nostri corpi come offerta. Con questa affermazione l’apostolo intende affermare che Dio si aspetta che ogni parte del nostro corpo sia impegnata e dedicata alla ricerca della Sua persona e all’osservanza della Sua volontà.

Siamo chiamati a dedicare il tempo che avremo ancora grazia di vivere alla riparazione dell’altare di Dio, per poi salire e restare su di esso come sacrificio vivente; animati dal desiderio di amarlo, onorarlo e servirlo con tutto il cuore. Solo allora sarà veramente compiaciuto dal nostro culto e noi riceveremo il fuoco che viene dal cielo.