04/08/2019

I doni che Dio fa

I doni che Dio fa

Chi riceve un dono è automaticamente investito di una responsabilità affinché, quel bene, non vada perso e sprecato. Dobbiamo realizzare che Dio ha fatto un’infinità di doni alla nostra vita, a partire dalla vita stessa. La famiglia, le persone che abbiamo accanto, la salute ed ogni altra cosa è un Suo dono; ma il dono per eccellenza è Cristo Gesù. In virtù di questo dono, oggi, abbiamo il privilegio di accedere alla presenza di Dio, attraverso quella cortina squarciata che separava il luogo Santo dal luogo Santissimo, ovvero, il popolo da Dio. Il più grande dono di Dio è cruento e bellissimo: la vita di Cristo per noi.

In Genesi 2:15 Dio pose l’uomo nel giardino con uno scopo: “…affinché lo lavorasse e o custodisse”. Quando cerchiamo uno strumento che ci occorre, assume grande importanza l’affidabilità e la sua durata nel tempo. Dio, allo stesso modo, avrebbe potuto creare un giardino perfetto, che non avesse alcuna necessità di essere custodito e lavorato. Invece, scelse di fare un dono all’uomo che necessitasse di cure. Egli vuole collaborazione da parte nostra nel custodire i doni fatti. Dio non ama la trascuratezza perché questa è peggiore dell’inoperosità, in quanto ha a che vedere con qualcosa di iniziato, nel quale si è investito, ma che non viene mai finito, divenendo così inutile. L’uomo ama celebrare i primi giorni e gli inizi, ma la vera gioia sta nel raggiungimento dei traguardi (Ecclesiaste 7:8). Purtroppo, è frequente il negligere e il trascurare ciò che abbiamo ricevuto. Ci attiviamo e investiamo in qualcosa, ma a metà percorso ci stanchiamo e lasciamo la cosa a così com’è, per poi vederla deperire.

I credenti sono giustamente convinti che se una scelta è fatta consultando il Signore, allora è benedetta da Dio e alla fine se ne vedrà il frutto. Questo è sicuramente vero: condurre la nostra vita nella volontà di Dio è il miglior presupposto per vivere in pace e nella Sua approvazione. Tuttavia, occorre considerare come si porta avanti il lavoro legato a quella scelta e con quale costanza e dedizione si prosegue nella direzione da Lui indicata. Quando il Signore sceglie qualcosa per noi lo fa soprattutto in considerazione della fine che vede legata a quell’iniziativa e a come sa che potremo mettere a frutto i doni che ci ha precedentemente elargito.

Sappiamo per certo che ciò che Dio sceglie per noi è perfetto, eppure leggendo alcune storie bibliche, sembra che non sempre sia effettivamente così: in Genesi 24:43-45 il sevo di Abramo va a cercare una moglie per Isacco. Egli è consapevole della grande responsabilità di cui è investito, di conseguenza ricerca un segno da parte di Dio e viene accontentato. In Genesi 24:50, leggiamo che anche Labano riconosce che c’è la volontà di Dio in quello che sta avvenendo, in funzione della gloriosa conferma che il Signore ha dato. Possiamo senza dubbio dire che non ci sia migliore inizio per una coppia: tutto sembra grandemente benedetto da Dio. In Genesi 25:28, però, troviamo una famiglia spaccata, con un genitore che preferisce palesemente il primo figlio e l’altro che preferisce il secondo. Ancora in Genesi 27:1-8 vediamo che si tratta di una famiglia in cui le decisioni non vengono prese di comune accordo e non c’è dialogo; anzi, l’uno trama contro l’altro. Leggendo questi versi sembra che Dio si sia sbagliato.

Un ulteriore, e forse più palese, esempio di fallimento lo si può riscontrare nella storia di Adamo ed Eva (Genesi 3:12). Adamo risponde a Dio quasi accusandolo di avergli messo accanto la causa del suo peccato, come se il dono del Signore fosse stato sbagliato o addirittura pericoloso per lui. Questo atteggiamento è un misero tentativo dell’uomo per sottrarsi alle proprie responsabilità e alle proprie colpe. Tutto ciò che abbiamo ricevuto in dono abbiamo la responsabilità di curarlo e custodirlo. Il nostro corpo è per il 90% autonomo, ravvivato da riflessi incondizionati e automatismi che ci mantengono in vita, come il battito del cuore o quello delle ciglia. Ma per il rimanente 10% siamo noi a doverlo curare, nutrendolo, lavandolo, e proteggendolo.

Con le nostre sole opere non potremmo mai ottenere una comunione con Dio o la salvezza dai peccati. Ma una volta che Dio ci ha fatto il dono della grazia, è nostra responsabilità restare fermi e curare questo dono. Come possiamo pensare di ricevere un dono così grande, trascurarlo e pensare che tutto finirà comunque per il meglio, conducendoci ad un lieto fine? (Ebrei 2:1-3). Non abbiamo la responsabilità di guadagnare la salvezza, ma una volta ricevuta per grazia, abbiamo la responsabilità di custodirla.

In Filippesi 1:6-7 l’apostolo Paolo è confidente riguardo l’opera che Dio ha iniziato nei suoi fratelli in quanto, afferma, Egli stesso la condurrà a compimento. Su questo verso spesso i credenti si adagiano, senza considerare che vi è scritto “la condurrà a compimento” e non “la compirà”. Può apparire sottile ma, in realtà, la differenza è rilevante: condurre significa guidare qualcuno o qualcosa verso una meta. Il Signore non ci prende di forza per portarci al traguardo, ma sta a noi compiere il cammino. Egli ci condurrà e camminerà al nostro fianco, ma siamo chiamati a fare la nostra piccola parte.

La vita del cristiano non consiste semplicemente nel giungere alla fine dei propri giorni per incontrare il proprio Salvatore, ma nel compiere la missione affidata centrando il proprio obiettivo. In 2 Timoteo 4:7 Paolo afferma di aver compiuto ciò che era chiamato a compiere e di non avere rimpianti. I giovani difficilmente hanno a che fare con i rimorsi, che sono il frutto di una scelta sbagliata. Tuttavia, con l’età, aumentano anche questi sentimenti nei confronti di occasioni perse.

La più bella dichiarazione di compiutezza l’ha fatta Gesù sulla croce (Giovanni 19:30). Egli sapeva bene che per compiere la volontà del Padre a pieno doveva arrivare e passare per il Golgota, ciò nonostante è giunto fino alla fine. Se si fosse tirato indietro, anche solo ad un metro da quella croce, tutto sarebbe stato vano.  Gesù visse la Sua esistenza abbracciando a piene mani la volontà del Padre, scegliendo di percorrerla volontariamente, con tutte le Sue forze e fino in fondo (Luca 22:42). In Giovanni 4:10 Gesù elargisce una grande verità: ciò cha alimenta il nostro desiderio di fare la volontà di Dio è conoscere il dono di Dio e chi è colui che ci fa quel dono. Sapere ci aiuta a comprendere il valore di ciò che ci e stato donato e come va utilizzato, custodito e preservato fino alla fine dei nostri giorni.