C’è un rischio che sempre corre la chiesa, quello di avvicinarsi alla mondanità, allontanarsi dal campo spirituale della battaglia, approdando alla mera religiosità.
Solo quando lo Spirito Santo è la fonte della nostra vita e della nostra predicazione possiamo essere fonte di benedizione, per questo è essenziale intraprendere sempre una ricerca della fede.
La fede non è una religione ma un’esperienza di vita.
• Romani 12:1-3 illustra che la fede spinge ad un culto come sacrifici viventi, non conformati al mondo ma avendo menti trasformate, per conoscere per esperienza la volontà e la potenza di Dio, e mostra inoltre quanto il Signore preferisca la fede sincera del pubblicano alla religiosità e all’ipocrisia del fariseo.
• Il centurione di Capernaum (Matteo 8:5-13) fu elogiato perché applicò fede alla propria esperienza di comando, riconoscendo l’autorità di Gesù di compiere il miracolo di guarigione del figlio solo con la parola.
• In Esodo 3:3-5 lo scopo di Dio, che invita Mosè a togliersi calzari, era far conoscere la grande importanza di lasciare i propri pensieri e strategie per operare la liberazione del popolo, accompagnato sempre e soltanto dalla presenza e la guida di Dio, e dello Spirito Santo per noi credenti. Anche Giosuè fu invitato a togliersi i calzari (Giosuè 5:1-15), prima del passaggio al di là del Giordano, simbolo dell’abbandono delle tenebre del mondo verso la luce di Dio.
L’immagine insegna dunque a presentarsi a Dio spogliati dei nostri pregiudizi e preconcetti, con la riconoscenza, la riverenza e il timore (Ebrei 12:28-29) di cui è degno, essendosi Egli stesso fatto maledizione per noi, affisso al legno della croce come nostro Salvatore, perché noi potessimo essere inviati al ministero della riconciliazione (Isaia 61:1-3/II Corinzi 5:17-20).
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