29/11/2020

Ciò che precede la gloria

Ciò che precede la gloria

Dietro ogni grande traguardo ci sono enormi sacrifici che la gente non vede.

In ogni campo, qualunque disciplina: l’ottenimento di un risultato non è mai accompagnato da parole senza sostanza, senza azione. Anche l’apostolo Paolo comprese quanto fosse importante presentare il corpo in sacrificio vivente a Dio (Romani 12:1). La sua vita ne fu una tangibile testimonianza.

Dopo essere stato imprigionato insieme a Sila, per aver procurato un danno economico a procacciatori di magia nella città di Filippi (Atti 16:16-34), Paolo cantava inni di lode a Dio, nonostante fosse stato battuto assieme al suo compagno di viaggio. Cosa avremmo fatto al suo posto? Ci saremmo concentrati sulla mancanza del momento, sull’ingiustizia subita, o sullo scopo collocato oltre ciò che stava accadendo, su una direzione altra da ciò che tutti (carceriere e detenuti) vedevano quella notte?

Non è possibile un’improvvisazione di facciata, occorre una solidità radicata.

Il carceriere era intenzionato a uccidersi, aveva fallito; il suo impegno sbriciolato davanti a un terremoto improvviso, la possibile punizione che lo attendeva non era piacevole. È scritto che il terremoto di Filippi scosse le fondamenta del luogo. Per certo, scosse anche le fondamenta di quell’uomo. A volte serve una scossa che metta in discussione tutto ciò su cui poggiamo per andare oltre, per avere un’altra visione. L’autorità di Paolo e Sila permeava l’intera prigione, nemmeno gli altri prigionieri fuggirono, pur avendone avuta l’occasione.

La visione di quei due uomini, il loro corpo offerto, li collocava su un piano più alto del normale: un vero esempio di sacrificio vivente a Dio, la dimostrazione di quanto una solidità radicata sulla sua persona anticipi la gloria.