20/01/2019

Chi stai cercando?

Chi stai cercando?

Romani 10:9 è un verso che riassume il vero significato del cristianesimo. Ciò su cui è fondata la nostra fede infatti è la certezza della resurrezione di Gesù.

Nella prima lettera alla chiesa di Corinto, Paolo da un chiaro monito: “Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto siamo i più miseri tra gli uomini” (1 Corinzi 15:19) ed egli si riferisce chiaramente ad una miseria spirituale. Chi si accosta a Dio cerca qualcosa che va oltre il terreno, il pensiero dell’eternità infatti alberga nel cuore di qualunque uomo (Ecclesiaste 3:11), per quanto egli possa dichiararsi scettico o ateo. Paolo ammonisce i credenti affermando che accantonare la speranza della vita eterna ci pone in una condizione di estrema povertà. Ogni credente nella propria esperienza salvifica, ha sperimentato che la consapevolezza della resurrezione di Cristo comporta inevitabilmente grande gioia. Se questa viene a mancare significa che stiamo perdendo la parte più importante della nostra vita. Ci impoveriremo lentamente e, derubati della speranza di un’eternità con il Signore, ci ritroveremo ad essere i più miseri tra gli uomini.

In Luca 24:1-6 leggiamo l’episodio delle donne che andarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Erano state con Lui durante il Suo ministero, avevano ascoltato i Suoi insegnamenti e lo avevano sentito parlare della Sua resurrezione. Gli hanno creduto sinceramente, consapevoli che le Sue parole fossero verità, eppure vanno verso il sepolcro convinte di trovarlo nella tomba, attrezzate con ciò che serve per onorare un cadavere e non un vivente. Gli angeli, dunque, pongono loro una domanda che ancora oggi è rivolta ad ogni credente che ha perduto la gioia della salvezza: “Perché cercate il vivente tra i morti?

Ma cosa vuol dire oggi, per noi, cercare il vivente tra i morti? Forse stiamo frequentando una chiesa, ci impegniamo nelle attività della comunità o anche in un ministero e facciamo del bene ogni volta che possiamo. Tuttavia, questo non ha nessun valore se non realizziamo pienamente che Gesù è vivente. Saremo comunque tra gli uomini più miseri della terra perché i pesi del mondo ci aggraveranno e nel nostro cuore ci sarà tristezza. Ci sono profonde differenze nel comportamento che adottiamo nel relazionarci con qualcuno che sappiamo essere vivente rispetto ad un morto. Sappiamo bene che da un cadavere non ci si può aspettare nessuna risposta, né alcun tipo di consiglio, di consolazione, di aiuto o di perdono. Quando preghiamo o lodiamo, quando prendiamo una decisione o quando attraversiamo una difficoltà chi abbiamo davanti ai nostri occhi? Un Cristo morto o vivente? Questo determina la qualità della nostra relazione con Gesù. Entrando in un luogo, capita spesso di riuscire ad intuire chi vive lì: i colori, i profumi, gli oggetti e la loro disposizione possono portarci a capire, ad esempio, se si tratta di una donna o di un uomo, di un giovane o un di anziano, se ordinato o meno, ecc… fino ad identificare la persona con precisione. Così deve essere per noi credenti: si deve vedere chiaramente l’impronta di Gesù nelle nostre vite e che Cristo risorto dimora nei nostri cuori.

In Luca 24:13-35 troviamo l’episodio dei discepoli sulla via di Emmaus. Questi uomini, pur avendo conosciuto Gesù, sono tristi e le loro dichiarazioni sono le stesse che talvolta escono dalle nostre bocche (Luca 24:19-24). È vero che abbiamo visto grandi cose nelle nostre vite e nelle nostre case, è vero che abbiamo ascoltato tante testimonianze di miracoli e di conversioni incredibili ed è altresì vero che abbiamo letto e creduto a tanti versi della Parola che riportano promesse, benedizioni e rassicurazioni per coloro che sperano nel Signore ma tutto sembra meno reale della difficoltà che si protrae nel tempo ed il nostro cuore si intristisce. Tutto questo perché i nostri occhi sono impediti, proprio come quelli dei discepoli sulla via di Emmaus. Tuttavia, quando Gesù parlò al loro cuore, il loro atteggiamento cambiò: gli stessi uomini che, delusi e sfiduciati, cercavano un riparo per l’arrivo della sera si alzano e si mettono in cammino in piena notte con ardore. Le circostanze sono invariate, ma è cambiata la convinzione del loro cuore. Infatti, ora affermano con piena fiducia: “Il Signore è veramente risorto!”. Se togliessimo la resurrezione di Cristo dalla Parola, come dalla nostra vita, tutto perderebbe di senso e vana sarebbe la nostra fede perché noi saremmo ancora nella disperazione e schiavi del peccato (1 Corinzi 15:14-17).

Molte cose aggravano la nostra vita: prove, problemi, peccati, ecc… Cosa può darci forza e può permetterci di vivere pienamente con speranza e gioia? Solo una consapevolezza: che il nostro Redentore vive! (Giobbe 19:25). Potranno prenderci per pazzi nel vederci felici nel mezzo delle tribolazioni ma la gioia del Signore sarà la nostra forza (Neemia 8:10) e potremo conservarla fino alla fine perché non sarà legata alle cose terrene ma alla resurrezione del Signore.