Alla domanda che Gesù pose ai suoi discepoli, circa chi Egli fosse – prima secondo l’opinione comune, poi rivolta a loro – Pietro ebbe la rivelazione giusta: una rivelazione che soltanto Dio poteva dargli, non concepita da valutazioni umane (pur positive che fossero), né da criteri di maggioranza condivisi dai più (Matteo 16:15-17).
Quando Dio si rivela, il nostro modo di vedere il mondo, gli altri e soprattutto noi stessi, cambia alla luce di questo miracolo, forse il più importante che si possa ricevere; l’obbedienza, il seguirlo, il trascorrere del tempo alla Sua presenza non saranno più visti come “impegni” ma come gioie.
Pilato fece incidere nell’iscrizione affissa sulla sommità della croce “Il Re dei Giudei”, cosa che irritò non poco la fazione ostile a Gesù, che attribuiva questa genuina identità a una Sua dichiarazione autoreferenziale (Giovanni 19:19-22): deformare un’identità significa deformare la verità.
Non si può conoscere l’identità di Dio senza una ricerca intima, nel segreto, della sua persona; il dono della rivelazione è Suo, ma accontentarsi dell’opinione comune e del sentito dire porterà ai medesimi risultati fallimentari.
Quindi, chi è Dio, per noi? Fu la prima domanda di Saulo di Tarso quando Gesù gli si presentò (Atti 9:5-6); il concetto affermato da Giobbe alla fine delle sue peripezie (Giobbe 42:5), la dichiarazione del centurione ai piedi della croce, dopo aver visto i fenomeni dovuti alla morte di Gesù (Matteo 27:54). Tutti e tre i casi, in precedenza, avevano la loro idea su chi Dio fosse. Anche Giosuè, alle porte di Gerico, si trovò a chiedere all’Angelo dell’Eterno chi Egli fosse e per chi avrebbe combattuto (Giosuè 5:13).
Non vergogniamoci di rivolgere a Dio le nostre domande sulla Sua Persona, perché in molti credono di conoscerlo, ma in realtà tale conoscenza è solo presunta, una patina di nozioni apprese. Aprire il nostro cuore alla Sua Identità, farlo nel segreto, ci porterà a conoscerlo ogni giorno di più: tu e io, davanti a Lui.