Eliseo aveva, per rivelazione, la capacità di conoscere in anticipo dove gli Assiri intendevano porre in assedio il popolo di Israele; per questo fu mandato a Dotan un gran numero di soldati contro di lui, per eliminarlo. Ma mentre il suo servo era preda della paura, Eliseo poteva vedere l’esercito celeste pronto in loro difesa, e incoraggiarlo dicendo «Non temere, perché quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono con loro».
Ancor più importante fu la preghiera del profeta: «Signore, ti prego, aprigli gli occhi, perché veda!» E il Signore aprì gli occhi del servo, che vide a un tratto il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo.
L’intero episodio di II Re 6:13-17 ci insegna che la capacità di vedere l’Invisibile è un dono di Dio. Quando questa è assente subentrano turbamento e timore, e i nostri occhi, impediti, oscurano la corretta visione dell’opera di Dio nella nostra vita.
Vedere l’Invisibile introduce una grande differenza, che calma il cuore, trasforma i sentimenti e lo stato d’animo, così avvenne per il servo del profeta Eliseo, e per questo il consiglio dell’Eterno a noi, come alla Chiesa di Laodicea, è quello di acquistare dalla Sua mano il collirio, necessità costante degli occhi spirituali (Apocalisse 3:18).
La famigliarità del servo con la gloria del Signore, la sua frequentazione col profeta, non furono abbastanza, come occorse un tocco del Signore sui suoi occhi, allo stesso modo a volte necessitiamo dell’intervento di Dio, per vedere amore, pace e la gioia che dichiariamo, vivendole in realtà ancora in maniera insufficiente.
Dove il nostro sguardo si posa, trova fondamento anche il cuore e lì i nostri sentimenti sono indirizzati, per questo è sempre più urgente avere lo sguardo rivolto all’Invisibile, alla gloria e al piano del Signore per la nostra vita.
Nella conversione di Paolo, alla folgorazione sulla via di Damasco seguì un periodo di cecità (Atti 9:8,17-18). Paolo riacquistò con la sua vista naturale anche una nuova vista spirituale, ricevendo lo Spirito Santo, e fece spesso nelle sue epistole riferimento all’importanza di quest’ultima, indispensabile per conoscere pienamente il Signore, i Suoi piani e pensieri.
“Illumini gli occhi del vostro cuore” è la preghiera dell’apostolo per la Chiesa di Efeso (Efesini 1:16-19), un invito valido ancora oggi per noi che crediamo, affinché conosciamo
- a quale speranza Egli ci ha chiamati
- qual è la ricchezza della gloria della Sua eredità
- qual è l’immensità della Sua potenza: una potenza che può essere operante attraverso le nostre vite, per il nostro prossimo e coloro che sono perduti.
Una chiara vista spirituale ci permette di rimanere costanti, come avvenne per Mosè, che preferì soffrire col popolo di Israele, come se vedesse Colui che è invisibile (Ebrei 11:24-27), guardando alla ricompensa che ne avrebbe avuto.
La nostra costanza non dipende infatti da determinazione o capacità caratteriali, essa si fonda sulla visione presente ai nostri occhi, per questo a volte la nostra insicurezza, e l’incapacità di amare o perdonare, dipendono dal fatto che ci lasciamo influenzare e poi inghiottire, ponendo lo sguardo su cose sbagliate, e non su Cristo, stabile Rocca, e unica fonte di incrollabile certezza.