Gianmarco e Roberta

 

Finalmente la nostra bambina è nata! Questo pensavamo la notte in cui è arrivata Eleonora.

Tanti pensieri affollavano la nostra mente ed il nostro cuore, ma soprattutto la felicità indescrivibile che si prova nell’avere un figlio, quel sentimento che nasce solo nel momento in cui vedi, per la prima volta, quella creatura che Dio ti ha donato, benedetta e perfetta.
Tutto era meraviglioso! La gravidanza, anche se un po’ difficile, era finita bene: presto la nostra famiglia si sarebbe potuta riunire e Josef, il nostro bambino più grande, non vedeva l’ora che questo accadesse. Insomma, un quadro del tutto normale, per una famiglia normale, che fa una vita normale, con delle aspettative normali!!

Passato il primo mese dalla sua nascita, la bambina ci era subito sembrata molto diversa da suo fratello alla sua età: mangiava molto meno, dormiva molto di più e succhiare il latte al seno la faceva ansimare e sudare. Ogni giorno pregavamo il Signore per i nostri figli chiedendogli di mantenerli in buona salute spirituale e fisica. Intanto il giorno del primo controllo pediatrico si avvicinava. Quel giorno andammo in visita tranquilli e sicuri che tutto sarebbe andato bene. Immaginavamo la dottoressa mentre visitava la bambina eseguendo i test dei riflessi incondizionati: eravamo certi che tutto sarebbe stato come per Josef, con lui si che eravamo abituati bene. Ma non fu così! La dottoressa prese lo stetoscopio per ascoltare il torace di Eleonora e subito ogni cosa ci sembrò diversa. Ci faceva tante domande alle quali a stento riuscivamo a rispondere.

Cominciammo ad aver paura. Tutto quello che avevamo costruito nella mente si andava sgretolando mentre cercavamo di capire cosa la dottoressa ci stava dicendo: nostra figlia, la bambina che avevamo tanto desiderato, il tesoro prezioso di mamma e papà, aveva qualcosa che non andava nel suo piccolo cuore e bisognava con urgenza farla visitare da uno specialista. La mattina del giorno seguente eravamo all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma dove i sospetti della pediatra furono confermati dai cardiologi che visitarono la bambina: Eleonora aveva una cardiopatia congenita, un difetto interventricolare, un buco tra i due ventricoli di quasi un centimetro. La bambina doveva essere operata al cuore per correggere il difetto! In quel momento tutto si fermò. Eravamo come morti, ci sembrava di aver fatto “i conti senza l’oste”, come si dice quando le cose non vanno proprio come te le aspetti, ma i piani di Dio per le nostre vite sono sempre meravigliosi e, per noi, spesso incomprensibili. Cosa dovevamo fare? Sapevamo che quello era l’inizio di una prova tremenda per la nostra famiglia. Chiedemmo a Dio perché ci stava accadendo una cosa così orrenda: nostra figlia era in quotidiano pericolo di vita! L’avevamo appena avuta come un dono ed ora Dio forse ce la voleva togliere! Il nostro animo ribolliva come un vulcano che sta per eruttare, un senso di ribellione, in certi momenti, prendeva il sopravvento; nella nostra mente si sovrapponevano pensieri di tutti i tipi, il senso di colpa, la paura di aver fatto qualche cosa di sbagliato che ora aveva ripercussioni sulla vita di nostra figlia.

Eravamo sotto shock. Ogni parola, ogni pensiero su Eleonora sembrava colpirci al cuore come un coltello, non riuscivamo neppure a dire ai nostri famigliari e ai fratelli della nostra comunità, quello che stava accadendo alla bambina; riuscivamo solo, con uno sforzo tremendo, a spiegare loro il “verdetto dei medici”. Istintivamente ci stavamo chiudendo in noi stessi, parlare era difficile, isolarsi era meno doloroso. Ma una Voce, dentro di noi, ci incoraggiava a parlarne con gli altri. Tutti iniziarono a pregare per Eleonora e per noi; chiedemmo, per lei, l’unzione dell’olio e, come dice la Bibbia, gli anziani della comunità le imposero le mani pregando per la guarigione. Avevamo fede che Dio poteva guarirla in un istante: questo chiedevamo e aspettavamo una risposta! Ma per Eleonora iniziò, invece, una veloce discesa. La bambina non cresceva, anzi, perdeva peso e il cuore nello sforzo di mantenere il compenso cardio-circolatorio assorbiva completamente le poche energie che il suo organismo riusciva a produrre. A nulla servivano gli sforzi che facevamo per nutrirla ogni ora e mezza.

Dopo neppure un mese, su consiglio della pediatra, portammo Eleonora in ospedale dove le fu diagnosticato un grave scompenso cardio-circolatorio e fu immediatamente ricoverata in attesa di intervento. Non avevamo più la forza. Dio non stava facendo quello che gli avevamo chiesto: di chi era la colpa? La nostra, forse? Di chi non aveva pregato con sufficiente fede? La prova procedeva senza che noi potessimo fare niente. Ci ritrovammo soli, in ospedale, con la nostra bambina e in quel momento ci rendemmo conto che Dio faceva di noi e di nostra figlia ciò che voleva e che tutti i nostri pensieri e giudizi erano sbagliati: Dio ci chiedeva un completo abbandono nelle Sue mani, ci faceva capire che dovevamo fidarci di Lui, di quello che aveva preparato per la vita di Eleonora e per la nostra, e così, forse per la prima volta, abbandonammo completamente ogni cosa nelle Sue Sante mani, fiduciosi che non ci avrebbe provati al di là delle nostre forze.

Iniziò un periodo fatto di estenuanti giornate piene di sofferenza e di lunghissime notti insonni. Era proprio durante la notte che riuscivo a stare in comunione con Dio; nel relativo silenzio del reparto, Lo pregavo chiedendogli di sostenermi fisicamente e spiritualmente, ma soprattutto Gli chiedevo intensamente di guarire Eleonora. Una notte, leggendo la Bibbia, mi venne davanti il Salmo 28. Il primo verso recita: “A Te grido, o Eterno, mia rocca; non stare in silenzio, perché se tu non mi parli io divento simile a quelli che scendono nella fossa”. L’ultimo verso dice: “Salva il Tuo popolo e benedici la Tua eredità; pascili e sostienili per sempre”. Tutti i versi intermedi descrivevano esattamente lo stato d’animo in cui mi trovavo in quel momento. Lessi questo Salmo non so quante volte in quei giorni e intanto Eleonora peggiorava sempre di più: la sua unica via d’uscita sembrava essere solo l’intervento.

Dopo due settimane di degenza della piccola, mi ritrovai a pregare i chirurghi di operarla al più presto, perché la vedevo sfuggirmi ogni giorno di più: perdeva peso nonostante fosse alimentata artificialmente con fleboclisi e sondino enterale. Una mattina una signora, che a sua volta aveva un figlio ricoverato in reparto, volle sapere a chi rivolgevo le mie preghiere nei momenti peggiori. Le risposi che mi rivolgevo direttamente a Dio. Rimase stupita dalla mia risposta: secondo lei era, invece, più logico incolparlo di ciò che stava accadendo ai nostri figli. Le dissi che avevo fede in Dio e della certezza che lui non mi avrebbe provato al di là della mia forza. Mi chiese se fossi stata disposta ad accettare anche le conseguenze più estreme della malattia di Eleonora, cioè la sua morte. Solo il Signore sa quante volte ci avevo pensato e l’angoscia che questo pensiero mi procurava, ma in quel momento le risposi di sì, ero pronta a tutto, Dio mi avrebbe sostenuto e aiutato. La signora non disse altro ma in me sentivo una grande pace, una forza soprannaturale che non veniva da me: Dio la stava mettendo nel mio cuore!

Arrivò così il giorno dell’intervento. La mattina presto, di lunedì 6 novembre, eravamo già pronti. Eleonora dormiva. Il cardiochirurgo ci spiegò lo svolgimento dell’intervento, tutti i rischi, le aspettative, le statistiche. Un’infermiera ci disse di prendere la bambina e di seguirla. Prendemmo Eleonora che, avvolta nella sua copertina rosa, continuava a dormire e arrivati davanti all’ascensore gliela consegnammo. Nel nostro cuore ci fu un solo grido: “DIO AIUTACI!”. Delle cose orrende attraversarono la nostra mente. Dopo quindici giorni, passati in reparto, ne avevamo viste di tutti i colori e, in quel momento, sembrava che la paura si potesse toccare per quanto era forte. Potevamo solo confortarci a vicenda, dovevamo riuscire a sopravvivere il tempo necessario al chirurgo per operare. Nostra grande consolazione era sapere che molti fratelli della chiesa erano riuniti pregando, digiunando e intercedendo per noi: Dio li avrebbe ascoltati! Sapevamo che tutto era appeso ad un filo sottile, ma quel filo era retto da Dio in persona, per questo dovevamo farcela tutti! L’intervento chirurgico durò più di cinque ore. Finalmente il chirurgo uscì per dirci che tutto era andato bene: il cuore della piccola Eleonora aveva ripreso subito a battere con un buon ritmo, ora bisognava aspettare la ripresa post-operatoria.

C’era da superare ancora lo scoglio della terapia intensiva, ma nel nostro cuore sentivamo una grande pace. Dio ci teneva nella Sua mano: se aveva permesso di farci arrivare fino a quel punto, eravamo certi che avrebbe continuato ad operare e che tutto sarebbe andato bene e così fu. Certo, vedere Eleonora dopo l’intervento è stato difficile: stesa su una specie di tavolo imbottito, con tubi che entravano e uscivano da ogni parte del suo piccolo corpicino. Avremmo voluto essere noi al suo posto e passare tutte le sofferenze che lei stava subendo. Ogni giorno andava sempre meglio, questa era la cosa importante: Dio aveva fatto il miracolo e presto saremmo stati tutti, di nuovo, a casa!

Dopo altre due settimane di degenza ospedaliera, Eleonora fu dimessa. Già era cresciuta di qualche ettogrammo, ci sembrava un’altra bambina! Finalmente avevamo la nostra piccolina vispa come l’avremmo voluta alla nascita! Eleonora sta bene, è una bellissima bambina piena di energia e ha recuperato la crescita raggiungendo i percentili previsti. Ancora oggi certi aspetti di quello che é accaduto, sono per noi un mistero. Ogni giorno Dio ci fa capire cosa ha voluto insegnarci con questa grande prova. Ogni qualvolta vediamo nostra figlia, la sua cicatrice, sappiamo che non dobbiamo dimenticare, ma imparare: capire che nulla di quello che abbiamo, capita per caso ma è un dono, niente di ciò che ci circonda è scontato. La grazia di Dio che ce lo ha concesso.

Ancora di più, questo vale per la salvezza eterna che Dio ci ha donato attraverso il sacrificio di Cristo Gesù alla croce. Un dono immenso che non dobbiamo mai sottovalutare. Non possiamo spiegare la gratitudine che proviamo verso Dio, Lo ringraziamo anche per le cose che fa per noi senza che ce ne accorgiamo. Non abbiamo parole per spiegare quanto ci sentiamo amati dal nostro Gesù e dai nostri fratelli in Cristo. Siamo certi che tutto è andato bene anche grazie alle loro preghiere. Eleonora ha sicuramente aperto un libretto di risparmio presso il Signore dove sono state depositate per lei centinaia di suppliche e preghiere. Ringraziamo tutti veramente di cuore per le preghiere, per il conforto spirituale e materiale, per ogni pensiero rivolto alla difficile situazione che ha attraversato la nostra famiglia. Satana non ha vinto togliendoci il sorriso dalle labbra e la pace dal cuore. GRAZIE, SIGNORE!

Gianmarco e Roberta Basirico

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